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19 Ott 2022

Il settore immobiliare italiano riparte tra difficoltà e nuove opportunità che variano segmento per segmento. Una tavola rotonda virtuale promossa da Dla Piper ha raccolto le previsioni di diversi esperti.

Vari sono stati i temi toccati dal dibattito, tutti intorno al tema: come saranno le città passata l’emergenza, quali le esigenze abitative, come dovranno reagire le strutture lavorative e commerciali, cosa chiederanno clienti e investitori.

Previsioni per il residenziale dopo il coronavirus

“La città del futuro avrà orari, flussi, problematiche diverse, – ha osservato l’Architetto Stefano Boeri. – Una sarà quella di evitare una concentrazione eccessiva di persone, il che porterà alla desincronizzazione dei flussi in entrata e in uscita e alla estroversione di varie attività, commercio compreso. Milano dovrà poter contare sui piccoli esercenti, che in questa situazione hanno mostrato la loro importanza, ad esempio non tassando i dehor. Ma il territorio va ripensato anche agendo sul traffico, puntando su piste ciclabili e pedonali, ripensando il rapporto tra mobilità privata e pubblica e con l’ambiente. Ll’inquinamento crea fragilità diffusa, quindi occorre intervenire su riscaldamento, carburanti, emissioni di polveri sottili”.

Potrebbe essere una tendenza quella del ritorno a case di metratura più grande. “La domanda abitativa include sempre più balconi e spazi aperti, – osserva Boeri, – locali che possano essere resi autonomi in caso si renda necessario l’isolamento, e una tendenza alla monolocalizzazione delle camere da letto, che diventano polivalenti includendo ogni tipo di spazio, dal soggiorno allo spazio di lavoro”.

E per quanto riguarda gli uffici? “ Potrebbero diventare solo dei data center e sale riunioni con collaboratori che lavorano da casa e vi si recano solo all’occorrenza. Ovviamente l’interazione di persona è centrale nel pensare alla progettazione ma l’effetto coronavirus, la cui durata non è prevedibile, sarà quello di limitare il contatto di persona”.

La situazione potrebbe portare a una riscoperta dei centri più piccoli. “Non al punto di abbandonare la città, – afferma Boeri, – ma di riscoprire l’opportunità di tornare a vivere in luoghi più periferici se dotati di connessione e collegamenti con i grandi centri, in una alleanza tra borghi e grandi città”.

Il ripensamento degli spazi di lavoro sarà centrale anche per comprendere in quale direzione tornare a investire.

Gli uffici dopo il coronavirus

“Occorrerà pensare al futuro utilizzo degli immobili anche per quanto riguarda il take up degli uffici, – osserva Marco Grassidonio, Patrizia AG. – Milano e Roma stavano ricominciando un percorso virtuoso, soprattutto la prima, che stava andando verso le Olimpiadi 2026 con una crescita che sembrava inarrestabile. Oggi tutto va ripensato a causa del boost dello smart working che potrebbe far pensare a una riduzione del take up. In parte questo però verrà riequilibrato da una necessità di maggiori superfici per utente a causa del distanziamento sociale, non solo a uso uffici ma a uso generale dei servizi per l’immobile”.

Ci saranno ricadute del coronavirus sugli investimenti? “ Noi abbiamo sempre creduto nel mercato italiano, abbiamo sempre investito a Milano e continueremo a farlo. I deal già in pipeline hanno avuto solo dei rallentamenti, e per quanto riguarda gli investimenti core, al di là di un leggero repricing, ci sarà sempre interesse perché si tratta di investimenti con orizzonti molto lunghi. Sulla parte value add nel medio breve ci saranno riallineamenti per quanto riguarda la i canoni, che erano visti in crescita fino a dicembre, ma considerando i finanziamenti che sconteranno interessi più alti e LTV più bassi costringeranno a rivedere i rendimenti attesi”.

Quale futuro per gli investimenti su Milano e Roma? “La Capitale prima del Covid si stava affacciando sul mercato con una nuova domanda e una nuova offerta, – afferma Carlo Vanini di Cushman&Wakefield Italia. – Su Roma c’è quindi ancora tanto spazio di crescita. Milano prevedo che resti Milano: la domanda di spazi, benché diversa, rimarrà alta, poichè la normativa ci porterà ad utilizzare più metri quadri per addetto e spazi alternativi per rendere più vivibile l’ufficio come luogo di incontro, il che aumenterà il take up”.

E-commerce e logistica dopo il Covid

Per quanto riguarda la logistica, il trend sarà più che mai guidato dal commercio on line che mai come in questa emergenza ha dato il meglio di sé.

“L’investimento in logistica è più interessante oggi che un investimento in retail, – secondo Alfredo Mauri di GVA Redilco. – Nei prossimi quarter ci sarà comunque bisogno di nervi saldi ma noi stessi ci sentiamo di dire che a parte un momento, il 2020, di probabili scelte più oculate, nel medio lungo termine l’asset class logistica non potrà che essere una di quelle su cui puntare maggiormente”.

“Il maggior ricorso all’e-commerce è la buona notizia di questo periodo soprattutto per food e pharma che si sono rivelati aciclici, aggiunge Sandro Innocenti di Prologis. – Il lato negativo è rappresentato da quelle asset class che non se la sono passata bene, moda, auto motive, elettronica, che non hanno un canale e-commerce sviluppato e non hanno saputo affrontare questa crisi. A fine lockdown vedremo gli effetti e avremo un mercato rimescolato in cui dovremo tenere conto di queste due tendenze e della conseguente domanda di immobili”.

Le nuove sfide del retail

Il fermo delle attività ha creato un problema soprattutto per i tenant di strutture retail, che hanno visto interrompersi i flussi di rendimento generati dai canoni di affitto. “In questo periodo il retail è alla ricerca di un nuovo equilibrio, – afferma Silvia Gandellini di CBRE. – I retailers saranno i primi a doversi reinventare anche alla luce dell’e-commerce e della sua crescente importanza. La nuova normalità non si può stabilire a priori ma prevediamo che, poichè il luogo dello shopping è stato ideato per far incontrare merci e persone, proprio il punto vendita è il luogo più adatto a reinventare l’esperienza di shopping in presenza di controlli e distanziamento sociale, dal momento che dispone di ampi spazi. La categoria vincente in questo periodo è stata quella dell’alimentare, ma sono emerse anche le inadeguatezze della Gdo, relativamente ad esempio all’aumento della domanda on line. Sull’integrazione tra ordine on line e ritiro offline occorrerà lavorare molto per poter ritornare a fare fatturato”.

L’impatto sugli hotel del coronavirus

L’impatto sull’hotellerie infine è stato il più grave, in quanto ha praticamente azzerato la domanda. “A livello nazionale la domanda si è contratta del 93%, – analizza Claudia Bisignani di Jll, – con conseguente tensione finanziaria sulle strutture che comunque devono sostenere costi, personale, gestione, manutenzione ecc. In questi due mesi è stato continuo il processo di rinegoziazione per poter fare fronte a impegni contrattuali pur senza ricavi. Per la fase 2 la preoccupazione è sulle modalità operative per chi si interfaccia con il pubblico. Vanno stilate delle linee guida per capire le modalità migliori e i diversi costi che queste implicheranno, basti pensare al servizio pulizia e sanificazione o alla riduzione della disponibilità di camere dovendole tenere ferme per 48-72 ore dopo l’uso. Occorrerà poi ripensare l’offerta in termini domestici e meno internazionali. Il tutto senza sapere quando effettivamente questa crisi potrà dirsi conclusa”.

“Da parte di Cdp ci sarà sempre l’appoggio al sistema turistico, che c’è sempre stato attraverso l’equity e attraverso il Fondo Investimenti Turismo, – garantisce Alessandro Belli di Cdp Investimenti Sgr. – Quello che abbiamo fatto finora è stato aumentare il sostegno finanziario attraverso il sistema bancario aprendo linee di credito e aumentando i plafond a disposizione. Il settore cuba il 13% del Pil e il 15% degli occupati italiani quindi è strategico e va aiutato a reagire, cosa che gli imprenditori più solidi faranno con maggiore facilità. Uno degli effetti di questo momento potrebbe essere quello di far evolvere i modelli verso sistemi più evoluti attraverso una maggiore formazione e riqualificazione di immobili e servizi”.

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